Steven Isserlis, ''Il violoncello è una parte di me''
Star del Festival di Patmos. Nel 2025 sarà a Venezia e Milano
(di Luciano Fioramonti) Per Steven Isserlis, violoncellista tra i maggiori della scena mondiale, esibirsi per pochi intimi o in una grande sala da concerto da duemila posti non fa molta differenza. 'Mi preparo allo stesso modo. È solo questione di volumi: se lo spazio è ridotto suono più piano''. Così è andata a Patmos nella nel cuore di Chora, la cittadella fortificata, dove il musicista inglese è stato protagonista davanti a poco più di 200 persone dell'inaugurazione del Festival cameristico con brani di Schubert e Saint-Saens. ''Ho suonato in Massachusetts a Tanglewood, il festival della Boston Symphony Orchestra, davanti a migliaia di spettatori - dice all' ANSA - ma mi è capitato di farlo a Londra in un piccolo locale, il Fidelio Cafè, nel primo concerto di riapertura dopo il Covid al quale erano state ammesse solo venti spettatori. Certo, l' ambiente, l' acustica, l' atmosfera e la storia di un luogo hanno il loro peso. Per questo la piazzetta dell'isola ispira molto''. ''Considero Patmos un posto molto speciale - spiega - perchè John Tavener nel 1988 scrisse per me 'The Protectin Veil' proprio nel luogo in cui abbiamo fatto le prove, che all' epoca era l' albergo in cui alloggiava''. Il compositore inglese, maestro del 'minimalismo sacro', ha trascorso anni nell' isola dell' Egeo e ha avuto un lungo rapporto con Isserlis per il quale ha scritto sette brani, alcuni dei quali sono stati proposti in questi giorni nel Chamber Music Festival fondato dagli italiani Roberto Proseda e Massimo Fino. Con Tavener, morto nel 2013, dunque, è quasi un cerchio che si chiude. ''Abbiamo avuto i nostri alti e bassi ma era davvero un grande amico. Mi manca ancora. Ho mantenuto un legame molto forte con la sua famiglia e sono molto felice quando suono la sua musica''. Isserlis, 65 anni e un cespuglio di capelli grigi, parla accanto al suo prezioso Stradivari del 1726 che lo accompagna da 15 anni, di proprietà della Royal Academy of Music di Londra. ''Il violoncello mi ha dato tanto - ammette -. E' una parte di me, tocca una sfera molto intima. E' uno strumento per me naturale, il più vicino alla voce umana. Può essere un soprano o un basso. E' tutto''. C' è stato un momento in cui ha capito che il violoncello sarebbe stato il compagno di una vita? ''Quando mi sono accorto che non sapevo fare bene nient' altro'' risponde ridendo. Quale autore che le ha svelato un mondo che non immaginava? ''Sono quasi ossessionato da Schumann e Faurè e anche per questo spesso scelgo musicisti che amano questi due compositori. Il festival di Patmos ha la particolarità di mettere insieme artisti che non si sono mai incontrati. Normalmente non lo faccio, suono sempre con colleghi selezionati che conosco e con i quali mi piace esibirmi, come Joshua Bell e Irène Duval, ma qui va bene''. Il violoncellista londinese, che in Italia ha in programma concerti nella prima metà del 2025 a Venezia e Milano, non pensa che i giovani talenti suonino diversamente rispetto agli anni del suo esordio. ''E' cambiato il modo di comunicare ma l' atteggiamento di fronte alla musica è lo stesso. Mi chiedono spesso quanto sia mutata nel corso del tempo la mia maniera di interpretare un brano. Io mi rendo conto di essere diverso solo quando guardo le foto di 25 anni fa, per il resto mi sento sempre uguale''. Il divario generazionale, tuttavia, si è visto in modo lampante nella seconda serata del festival: mentre le giovani artiste in scena con lui andavano sicure con lo spartito on line guidato dal pedale, il violoncellista ha disteso sul leggio la più tradizionale sequenza cartacea della partitura retta da mollette che non hanno protetto da un vento improvviso. Ne è scaturita una gag divertente con il tenore Ian Bostridge, intervenuto per tenere fermi i fogli a rischio con una mano tra una folata e l'altra nel bel mezzo del trio Auf dem strom di Schubert. Isserlis, il pubblico delle nuove generazioni crescerà o la musica è destinata a restare una passione per adulti? ''No, assolutamente. In Cina ormai devono limitare i posti riservati ai giovani altrimenti non ne resterebbero per le altre fasce di spettatori. E' meraviglioso perchè lì i ragazzi sono davvero appassionati. Ma accade anche in Occidente''.
J.M.Gillet--JdB