Journal De Bruxelles - A Spoleto Baùbo, l'arte di Jeanne Candel

A Spoleto Baùbo, l'arte di Jeanne Candel
A Spoleto Baùbo, l'arte di Jeanne Candel

A Spoleto Baùbo, l'arte di Jeanne Candel

Non essere morto, o come rappresentarlo tra dramma e opera buffa

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(di Elisabetta Stefanelli) Baùbo, ovvero sull'arte di non essere morto, è come dire una sperimentazione a togliere più che a mettere, nel concetto stesso di drammaturgia. Jeanne Candel torna a Spoleto con la sua nuova creazione su Baúbo - e non si risparmia nemmeno la presenza in scena azzardando un italiano fantastico -, che del misterioso mito greco ha ben poco, se non qualche lontana eco concettuale e qualche rimando soprattutto alla vicenda, centrale nello spettacolo perchè fa da spartiacque, del disvelamento a sorpresa, l'epifania che segna il passaggio tra il dramma e la farsa. E del resto tutta l'opera di questa artista e regista, che ha fondato la compagnia de la vie brève, cammina sul filo di questa ambiguità tra dramma e divertimento, sempre eccessivo, sempre sfrenato, senza aver paura di sfiorare il nonsense mettendo in fila una vera e propria rappresentazione d'arte. Dopo il successo di Demi-Véronique e Le Crocodile trompeur / Didon et Énée, Candel torna al Festival dei Due Mondi e l'accoglienza del san Simone, uno dei luoghi più suggestivi della rassegna, è decisamente calorosa. Baùbo è l'anziana sacerdotessa che riuscì a far tornare il sorriso sulle labbra di Demetra, dea delle stagioni che disperata stava condannando la terra a un inverno senza fine per il dolore di aver perso la figlia Persefone rapita, da Ade. Il gesto di Baùbo è semplice e rivoluzionario: si solleva le vesti e mostra il suo sesso a Demetra, che scoppia in un riso liberatorio. Ma questo gesto, che nello spettacolo fa proprio da passaggio, contiene in se tutti gli elementi del teatro di Candel. C'è il rapporto con la sessualità, anche questo ambiguo nel suo essere gioia e tragedia, la musica, il travestimento, il buffo come trasgressione. Ma della trasgressione della follia che è sempre coraggio della verità. La prima parte di Baùbo infatti è decisamente drammatica, e introdotta da un meraviglioso prologo, in cui la bravissima protagonista parla in una lingua immaginaria che solo chi la ama è in grado di capire, ma ben presto diventerà incomprensibile a tutti, perchè l'amore dura lo spazio di una notte in una camera d'albergo. Il resto è tentativo di morire o di uccidere, per altro senza riuscirci - con un arpione che rotea in scena in modo inquietante provocando la reazione del pubblico - , perchè la vita e la morte sono farsa che ti porta un'orchestrina di vedove con i baffi in scena a celebrare il tuo funerale in un ensemble eterogeneo composto da violino, sassofono, chitarra classica ed elettrica, contrabbasso e percussioni, con la voce del mezzosoprano Pauline Leroy e la direzione musicale di Pierre-Antoine Badaroux. Candel racconta: ''Tutti abbiamo sperimentato la fine di un amore, e tutti reagiamo in modo diverso. Tuttavia c'è sempre un momento in cui la vita prende il sopravvento, in cui il nostro stato cambia''. La storia di Baùbo si intreccia con le musiche di Dietrich Buxtehude e Heinrich Schütz. Di e con in scena Pierre-Antoine Badaroux, Félicie Bazelaire, Stéphanie Padel, Jeanne Candel, Richard Comte, Pauline Huruguen, Pauline Leroy, Hortense Monsaingeon, Thibault Perriard.

A Spoleto Baùbo, l'arte di Jeanne Candel

E.Heinen--JdB